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domenica 30 giugno 2013

Quando l’attitudine diventa consumo - Alla Fondazione Prada a Venezia ripensando al fallimento dell’arte contemporanea.


Si guarda indietro perché si vuole capire il presente? o forse per trarre nuova linfa? 

Non penso a nessuna delle due possibilità, penso che si guarda al passato perché chi lo fa oramai è vecchio e non ha più interesse al futuro. 

Questo è il grande dilemma che la mostra alla Fondazione Prada pare esprimere. 

In un mondo nuovo e mutato chi ha superato i quarant’anni si sente oramai marginalizzato dalle nuove culture e si rifugia nella ritrita illusione dei giovanili mutamenti, poiché nei nuovi non può consapevolmente esserne parte. 

La mostra molto ben confezionata, svela questo doloso sentimento di disperazione.

Una riproposizione che vista ora mette in risalto un cambiamento estetico che evidenzia la dicotomia con la realtà che chi visse quei tempi ora non vuole più sviluppare, o forse non ha mai sviluppato. 


Cambiamenti idealizzati staticizzati nelle opere, che persa la bellezza del sentimento che le animava sono diventati inutili prodotti commerciali. 
Che fine hanno fatto le tante utopie? 

Gli artisti rivoluzionari hanno messo le pantofole, le opere sono diventati sterili mantra per abbindolare ignari giovani artisti alla filiera del consumismo. 



Gli stessi stilemmi che diventati riti si possono vedere nella mostra a Palazzo Contarini Polignac, vicino all’Accademia, per il Premio Future Generation. 

L’arte contemporanea con quella mostra fece il passo più lungo della gamba e l’attuale crisi/cambiamenti la mette in pieno risalto. 

Oggi gli artisti sono diventati ottimi impiegati di un sistema che li ha svuotati del ruolo “rivoluzionario” per renderli comprimarie figure. 

La celebre mostra del funzionario svizzero è stato l’atto di avvio di un nuovo modo per vincolare la libertà espressiva al servizio di un sistema economico che ha appiattito la diversità/qualità omologando al basso costo produttivo il vantaggio del capitale. 

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